domenica 21 gennaio 2018

IL RUOTINO DI ANTONY MORATO





Milano, la bella Milano. Le gonne d’inverno, le vie intasate, gli aperitivi pieni di stuzzichi, il lavoro istantaneo. Ecco, fu l’idea del lavoro che mi spintonò nella metropoli. Ad Alloccopolis o pulisci i cessi o ti fai mantenere da una segretaria, e gli aperitivi sono unti da pochi crostini secchi. Approdai in Stazione Centrale una sera d’inverno. Neon e freddo mi provocarono una vertigine irrequieta. Presi un panino e una birra. Il barista mi scrutava con i suoi occhi stanchi e inespressivi. “Fanno 23 Euro caro”, disse senza emozione. “Per una birra calda e un panino di ieri?”, “Lo scontrino è sul banco,” disse mostrandomi alti i palmi. Inutile insistere. Sprofondai nella metro insieme ad un esercito stanco di persone. Avevo preso un monolocale in affitto sul web, lontano dal centro. Al mio arrivo un rumeno mi consegnò le chiavi accompagnandomi dentro. “Io vado,” disse. “Tutto qui?”, risposi. Non so perché mi sembrava lecito aspettarmi qualcosa. “Le buste per la differenziata sono nel tiretto della cucina”, “Ok, amico, grazie”. E sparì dileguandosi nelle scale. Fuori la finestra s’alzava a pochi metri un palazzo, nessuno aveva le tendine e li vedevo cucinare e borbottare di continuo. Li guardai per ore, un tizio vide che lo spiavo ma ributtò subito lo sguardo sulla padella. L’intimità non sembrava avere valore. Dormii un sonno pigro e senza sogni.

Il giorno dopo mi tuffai in metro all’alba. L’esercito stanco della sera prima era adesso un plotone pronto a vincere tutto, pieno di energia. Una volta in centro decisi di fare colazione. Ordinai un cornetto al banco. “Mi passa lo zucchero?” chiese un giovane. Lo guardai per un tempo imprecisato. Aveva i capelli impomatati come gli omini della Lego; una sciarpa multistrato e il riporto dei calzoni ad altezza menisco. Due mocassini rossi come il sangue chiudevano le caviglie nude. “Lo zucchero, lì, alla sua destra, mi passi una bustina”. “Ah, si, mi scusi”. Presi una bustina e la passai al giovane. “Lei non è di qui, si vede,” disse sicuro. “No, infatti, sono arrivato ieri”, “E le piace Milano?” chiese sorseggiando. “Sono arrivato ieri,” dissi di nuovo. “Oh, veda, si abituerà presto, Milano ti prende lei, non serve cambiare o affannarsi negli incontri, le piomberà tutto addosso senza che lei si dia conto”. Tirò fuori un mazzo di soldi arrotolati come un tubo e pagò la consumazione. “E’ così che funziona qui, bisogna far vedere di cosa si dispone. Le piacciono i miei mocassini?” chiese. “No, a dire il vero non molto,” risposi. “Male, ragazzo, molto male. Si vede che lei è nuovo. Sono della nuova collezione estiva di Dolce&Gabbana, costano 487 Euro”, “Ma siamo in inverno,” contestai. “Bene. Vede? Bisogna essere avanti, sempre avanti, mai indietro”, “Non ha freddo ai piedi?”, “Certo, non li sento più da almeno due ore, è come se il sangue non passasse più”. Lo guardai cercando di capire; pagai anch’io il mio caffè. Il tizio s’offrì di darmi un passaggio. Arrivammo poco dopo alla sua auto. Salimmo mentre catalogava tutti gli optional, come la verniciatura e la radio da 5000 Euro. Mi sedetti; lui spinse un pulsante luminoso e subito sentii caldo al culo. “Eh eh, le piace? Li ho fatti montare il mese scorso, 1200 Euro, se vuole alzo la temperatura,” chiese tronfio. “No, per Dio, anzi, la abbassi cortesemente”. Prendemmo a sfrecciare a velocità folle e tra caldo e paura quasi mi pisciavo sotto. Quindi prese una buca. Al tonfo sordo seguì il cigolio della cerchione sull’asfalto. “Cazzo,” urlai. “Non si preoccupi,” rispose quello, “è solo un’altra occasione per mostrare ciò di cui si dispone, proprio come le dicevo al bar”. Non capivo dove volesse andare a parare e lo guardai con occhi basiti. “Venga, le mostro”. Lo seguii fino al retro dell’auto, dove aprì il portabagagli ed estrasse uno strano ruotino viola. “Ma che cazzo…” urlai. “E’ della collezione di Antony Morato, comprato già da un mese, e adesso ho l’occasione di mostrarlo al mondo. 3000 Euro”. Montammo l’orribile ruotino, non era della grandezza giusta e ci mettemmo tutta la mattinata a metterlo su. Il tizio mi diede un paio di guanti di Roberto Cavalli per non sporcarmi le mani. 46 Euro. Ero sfinito, chiesi di riaccompagnarmi a casa e lui si mostrò gentile. Andava piano, credo per far vedere il ruotino a tutti. Sotto casa mi chiese il numero, lo recitai a voce con l’ultima cifra sbagliata. Ne avevo abbastanza di quel tizio, e forse di Milano tutta. Tornai al monolocale. Guardai per ore i tizi che cucinavano come sotto ipnosi, credo si sentissero soli.