domenica 7 ottobre 2012

Andiamo alla monta.

  In una notte da vagabondo, nell’ora che precede l’arrivo del sole, l’Erotomane provava pena per il fatto che dovessi dormire in macchina. Con le braccia s’appendeva a due ragazze-peso-massimo e quelle muovevano la testa come due grosse betoniere. Una delle due sputò qualcosa di vischioso a terra. 
«Perché non sali da me?» chiese l’Erotomane ammiccando. «Dovrei avere qualcosa da bere in frigo, e poi ci sono queste due vacche che non aspettano altro che essere munte.» 
Senza entusiasmo, mi vidi costretto ad accettare. “È un grosso affare grasso,” pensai. Nel tragitto ci fermammo in un bar e offrimmo da bere alle ragazze. L’Erotomane ordinò quattro Ice’Frodisiacò alla morfina da mezzo litro l’uno. Li portò al tavolo e impose un tenace brindisi. Le tizie si fiondarono sugli stuzzichini come due avvoltoi. Assalirono rapaci il vassoio, spazzolando sei ciotole di salatini in pochi minuti. Io e l’Erotomane assistevamo impotenti. Alla fine, afflitti, ci dividemmo un’oliva. Ero in situazione di stress e per tutto il tempo non feci altro che guardarmi la punta dei mocassini. Viceversa, l’Erotomane era come il pesce nell’acqua. 
«Vedrai, stasera si va alla monta,» mi disse. «Sono ore che le faccio bere.» 
«Basta questo?» chiesi. 
«A volte anche meno.» 
Finimmo i drink innaffiando il tempo di chiacchiere insulse, e forse incresciose. Prima di uscire dal bar le tizie presero una ventina di pacchi di patatine da asporto. In macchina ne aprirono un paio. Le sentivo ruminare mentre se ne stavano sedute come due Budda nel sedile posteriore. L’Erotomane prese sonno durante il tragitto. Notai – con un certo orrore – che aveva il pacco pronunciato e, forse nel deliquio o nel sogno, se lo accarezzava. 
“Ci sono uomini che non possono essere nient’altro che quello che sono,” pensai, “anche se dormono.” 
Parcheggiai. L’Erotomane aprì il portone e c’imbarcammo nell’ascensore. La salita fu triste e scevra di parole. Una volta nell’appartamento, l’Erotomane, sempre barzotto, preparò un bidone di pasta ai quarantaquattro formaggi. Ma io non avevo fame e diedi la mia porzione ai Budda. Ovviamente, anche stavolta spazzolarono tutto. Una volta nutrite le vacche, l’Erotomane si giudicò pronto per la monta. Prese una di quelle e la portò in camera. Io rimasi con la più grassa e disgustosa delle due. 
«Andiamo anche noi in camera?» chiese. 
«Oh, non credo d’essere pronto a questo.» 
«Allora potremmo cucinarci qualcosa, che dici?» 
«Andiamo in camera». 
Non avrei retto la scena, credo. 
Ci sdraiammo sul divano e lei mi accarezzava la pancia con le sue mani che sembravano delle pale. «Non voglio,» dicevo. Ma quella pareva sorda. Mi montò sopra con dubbia agilità mentre emetteva degli strani gemiti. Era tutto molto grottesco. Nell’altra camera, quella dell’Erotomane, sembrava stessero sgozzando qualcuno. 
«Ma che succede di là?» chiesi preoccupato. 
«Quello che dovrebbe accadere qui,» disse l’obesa con disappunto. 
I grugniti al di là del muro erano terrificanti. Cadde anche un qualcosa, credo l’armadio, e sentivo rompersi dei vetri. 
«Dovrei scannarti come un maiale per fare lo stesso.» 
Lei mi guardò un po’, poi disse: 
«Va bene, ho capito, mi preparo un maritozzo con la cioccolata.» 
Rimasi solo nella stanza. La fiacca luce lunare entrava di taglio dalle persiane. Mi sentivo solo e molle nell’anima. «Sono un mollusco,» mi ripetevo nello sdegno. Sentii qualcosa di simile all’esplosione di un petardo venire dall’altra stanza, un’esplosione seguita da una quiete sinistra. Poco dopo l’erotomane fece la sua apparizione nella stanza. Aveva un accappatoio rosa e dalla tasca veniva fuori la cappella di un dildo platinato. Mi guardò succhiando uno stuzzicadenti. 
«Allora, com’è andata?» chiese. 
«Non ho fatto nulla,» risposi sincero. 
L’Erotomane strabuzzò gli occhi e si fece rosso in viso. 
«Niente?» 
«Niente di niente.» 
Capii che le sue erano smorfie di disapprovazione. Con tutta probabilità, mai nulla di simile era successo dentro quel maledetto appartamento. Tutti si vergognavano di me. “Avrei dovuto farla urlare,” pensavo, “mi sarei risparmiato questa figuraccia.” Fu lì che presi la decisione di riscattarmi. Tornai in cucina e afferrai la tizia per un braccio. Aveva la faccia sporca di cioccolata e, per quanto me ne importava, poteva anche essere merda. Chiusi con impeto la porta. 
«Oh, Robin, ti sei deciso allora? Dai prendimi, sono qui.» 
“Quel che si deve fare va fatto,” pensai. 
«Butta quel maritozzo, ora ti faccio vedere io.» 
Lei eseguì l’ordine e in un attimo gli fui sopra. L’afferrai per il collo cercando di tenerla ferma. Poi presi una sciarpa e gli legai i piedi. Ora non sarebbe potuta scappare. 
«Oh, Robin, come sei impetuoso,» mi diceva con gli occhi umidi. 
«Ora vedrai come ti faccio urlare,» dissi a denti stretti. 
Feci leva con il suo braccio su una delle gambe del letto. Lei iniziò a dimenarsi come una pazza. Aumentai la pressione fino a rompergli il gomito. Il grido di lei fu disumano. Poi la presi a calci fino a quando non svenne. La ricomposi sul letto e la coprii con un lenzuolo. Soddisfatto, la guardai: sembrava la Sacra Sindone dipinta da Botero. 
Uscii dalla stanza. L’Erotomane fumava una sigaretta al Rabarbaro. 
«Cavoli, però,» mi disse compiaciuto, «per un attimo ho creduto che fossi un mollusco.» 
Dissi che la tizia era nel letto che dormiva placida e soddisfatta. Raccomandai di non disturbarla. L’Erotomane mi disse se volevo fare un giro anche con l’altra. Stavolta declinai l’invito e salutai. Uscii dalla casa rimpolpato nell’ego. Tornai in macchina e feci qualche chilometro prima di fermarmi. Ero stremato. Mi sdraiai e cercai di dormire, ma qualcosa mi punzecchiava la schiena. Accesi la luce e vidi che il sedile era foderato di resti di patatine. 
“Che schifo,” pensai, “avrei dovuto scannarle davvero, entrambe.” 
Il giorno dopo andai all’autolavaggio. Neanche una briciola fuggì ai gorgoglii dell’aspirapolvere. Strofinai con la pezza tutti gli interni, e lo facevo con una foga che non era mia, poiché quando io pulivo non pulivo, volevo sciacquarmi dalla mente l’immagine dell’Erotomane e delle sue luride.

1 commento:

  1. Caspita. Ho appena messo la mia faccia nei ritagli dei tuoi lettori fissi e, se non avessi letto Joyce, potrei pensare che ho sbagliato tutto. Ma è letteratura vero?

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