domenica 11 novembre 2012

Un caffè molto ristretto.

  Il barista, ch’era di padre rumeno e madre polacca, mi chiese l’ordinazione. Aveva l’ampia barba rettangolare e gli occhi lucidi d’alcol. Presi la Gazzetta Sportiva da sopra il frigo, l’infilai sottobraccio e raggiunsi il bancone. «Un caffè molto ristretto», dissi. «Caffè molto ristretto in arrivo, amico.» Caricò la macchina, mise la tazzina sotto il beccuccio e raggiunse un manipolo di tizi (anch’essi rumeni) appollaiati nell’angolo lontano del bar. Mentre mi trastullavo con l’inutile Gazzetta del venerdì, il caffè raggiunse il bordo della tazzina; ma io non dissi nulla, poiché il barista s’era incendiato in alcuni discorsi incomprensibili con un altro tizio. Capivo solo le bestemmie. 
  Tempo di leggere un trafiletto e la macchina sibilò sbuffando un vapore leggero. Il barista, dopo un’effimera corsa di alcuni metri, abbassò la leva metallica e la spense. Poi osservò mesto la tazzina ricolma. Ora ne fa un altro, pensai, butta quello e ne fa un altro daccapo. (Capisco adesso, mentre scrivo, che il mio era un abbondare nella fiducia, senza dubbio.) Sicché quello versò il liquido in eccesso sulla griglia della macchina e, come nulla fosse, servì l’orribile consumazione. «Avevo chiesto un caffè ristretto», dissi. «Caffè ristretto, amico», rispose. «È quello che hai chiesto ed è quello che hai davanti.» Iniziò allora un indecifrabile battibecco e giunse un secondo rumeno, ch’era grande il doppio del primo. Le spalle calanti e il naso spigoloso da pugile lo vestivano di un’aria da rissa. Sulle braccia aveva tatuaggi con effigi mostruose. Un vero animale, pensai, una bestia. L’energumeno poggiò gli arti gonfi sul bancone e disse: «Ci sono problemi? Forse il caffè non è buono?». Quindi presi la tazzina e ingurgitai il liquido increscioso in un baleno. Era freddo, con uno sgradevole retrogusto di guasto e la densità acquosa. «Buonissimo», dissi docile. Per celare il disgusto esibii un sorriso appariscente, ma senza emozione. Posso dire che la mia pantomima ebbe un certo successo: la belva s’allontanò con un grugnito e raggiunse gli altri suoi connazionali; il barista prese a frizionare con la pezza lorda un bicchiere oblungo; io, senza troppi fanatismi, tornai alla Gazzetta Sportiva. La forza bruta, una volta di più, aveva preso il sopravvento.

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