giovedì 17 maggio 2012

Scuola-commando.

  Nell’ora di matematica cambiava musica, spartito e autore. Quell’uomo ci sottometteva. Era – cosa orribile – un ex Birro e per lui la classe era come una piccola caserma. Durante le interrogazioni ci torchiava con i suoi metodi alla Gestapo. «Nome», «Angelo», «Cognome», «Disculone», «Età», «Ma prof., abbiamo tutti la stessa età qui, è una scuola questa». Poi il prof. allungava la mano verso il cassetto dove teneva nascosta la pistola d’ordinanza. «Diciassette prof., per l’amor di Dio, diciassette», e l’interrogazione aveva inizio. 
  Un uomo tutto d’un pezzo quindi, ma i difetti non mancavano. Scapolo, forastico uomo di campagna, si presentava in classe con due scarponi sporchi di terra e i capelli pieni di fieno. Ci mandava in paranoia le narici con un vomitevole olezzo di stalla di cui andava fiero. Abitava in un paesino sperduto; parlava uno strano dialetto che rendeva impossibile, a noi poveri studenti, distinguere la “X” dalla “Y”. (Nessuno mai riuscì a risolvere un’equazione dettata da lui. Neanche il primo della classe, Eugenius). 
  Tuttavia, la vita in classe procedeva tranquilla e i trimestri passavano veloci. Al quinto anno, però, successe qualcosa. Il Prof. di matematica pizzicò un nostro compagno mentre fumava uno spinello in bagno. Apriti cielo! Il povero Enrico Rollino dovette subire una serie di ingiurie inenarrabili. Non fece in tempo a dar fuoco allo spinello, che il povero alunno vide il prof. scender giù dalla finestra. Aveva la faccia pitturata come quella dei berretti verdi. Venne ammanettato e condotto nell’aula docenti (che il prof. chiamava questura). Lo chiuse lì dentro per ore; gli puntò una luce in faccia; lo prese ripetutamente a schiaffi fino a quando il povero Enrico non tirò fuori i nomi di chi gli aveva venduto la “roba”. Era più forte di lui, non ce la faceva a non essere Birro. Il ruolo di prof. lo stringeva in una morsa togliendogli l’aria. 
  Per noi alunni quello era troppo. Cercammo di organizzare qualche rappresaglia. Decisi di essere il primo. Tutti gli altri, pensavo, mi seguiranno. Ma – come è stato detto – quell’uomo era una brutta bestia e bisognava andarci con i piedi di piombo. Pensai di iniziare con lo scontro verbale. Durante una delle sue lezioni-addestramento tirai un sospiro e mi decisi. Alzai la mano. «Che c’è Robin», mi disse con aria truce. «Prof., io VADO in bagno», a malapena celavo un certo timore. I miei compagni confidavano tutti in me: la mia sconfitta sarebbe stata anche la loro. La tensione addensava l’aria. «Ora tira fuori il ferro», si lasciò scappare il mio vicino di banco, sottovoce. 
  Il prof. si alzò dalla sedia e prese a venirmi incontro. Ora mi sbatte in isolamento, pensai. Ma sottovalutavo il prof.-Birro. Per cavarsi da quella situazione usò un metodo subdolo, sottile: quello dell’umiliazione. «Cosa devi fare in bagno?», tuonò. Presi coraggio: «Ho DECISO che VOGLIO fumare una sigaretta». Il prof. s’inarcò in un sorriso malandrino; poi mise in atto il suo piano e attaccò a parlare. 
  «Oh, ecco, vedi Robin, ora ti racconto una storia. Tempo fa, quand’ero poliziotto, mi trovavo di pattuglia nelle campagne. Faceva un freddo terribile e tenevamo chiusi i finestrini con il riscaldamento al massimo. Ora, non so se siano stati i fagioli con le cipolle ingurgitati a pranzo, oppure l’aria calda della volante; fatto sta che ebbi delle fitte lancinanti allo stomaco. Dissi al collega di fermare la macchina; presi la carta igienica dal bauletto; scesi e corsi per qualche metro su di un campo arato. Faceva davvero molto freddo. Insomma, mi abbassai i calzoni e la feci. E Indovina cosa vidi quando mi voltai. Allora, Robin, cosa vidi?». Abbassai lo sguardo. Davvero non capivo dove volesse arrivare. «Non lo so prof., cosa vide?» «Vidi te, Robin, lo stronzo che fuma, capisci? Eri tu!». 
  Rinfilai la sigaretta nel pacchetto. Il fallimento mi stringeva il collo come una sciarpa. La rivolta cadde facendo un tonfo sordo nell’abisso. I miei compagni erano tutti immobili a capo chino. Capimmo, una volta di più, cosa vuol dire essere un duro. 






17 commenti:

  1. mo ME LO SPARO SUBITO...

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  2. un incubo quel prof...

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  3. Sì, divertentissimo comunque, bravo

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  4. Ma .....guarda..... io mi sarei ribellato....

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  5. Alla Benni..... bravissimo

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  6. fantastico l'uso del maiuscolo per gli imperativi....e soprattutto riesco a percepire il tono sarcastico ma allo stesso tempo celebrativo del racconto del prof e la cacca

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  7. stile unico, gusto inconfondibile...grande penna vai Robin

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  8. ahahhahahahhahahhahahhahah, c'è dentro tutto, la gics e la gipsilon, stronzo fumante.....

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  9. Ahahahahah fantastico!!!

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  10. (-:,,,,, terribile il prof, ma anche tu non scherzi. Comunque davvero divertente, complimenti

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  11. i tuoi racconti mi fanno scialare.sei il numero uno!!!!

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  12. Ricordo quel professore, anni dopo fu attore nel celebre film Full Metal J. Pare interpretasse il ruolo di generale
    Grande Roby

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  13. bel racconto,scritto bene,divertente, con dei bei momenti di suspance che non sai se ridere o cmq ti domandi:" eh adesso che succederà?? che dirà??"...complimenti Robin!!!

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