domenica 21 ottobre 2012

L’opera eterna di Fabio Volo.

  La storia della letteratura, forse per la sua vastità, abbonda di enigmi. Molti di essi mi sono indifferenti, poiché sono – come mi pare di aver detto – un lettore edonista: nulla mi colpisce più dell’estetica, anche quando è fine a se stessa. Tuttavia, un mistero m’inquieta: la strana gloria di quel tale, di nome Fabio Bonetti, in arte Fabio Volo, cui le opere conobbero tiratura elevatissima. Lo scopo di questi appunti è quello di svelare – seppur parzialmente – tale indecifrabile enigma. 
  Sappiamo che la vita di un autore può essere metafora delle sue opere e viceversa. (Dostoevskij vuole forse raccontarci le claustrofobie della galera attraverso i labirinti mentali di Raskolnikov; la solitudine di Roquentin può essere la motivazione lucida del rifiuto di Sartre al premio Nobel; le pagine di Hemingway sono Hemingway.) Tali arbitrari esempi ci portano ad esaminare la biografia di quest’autore. Fabio Volo nasce nel 1972 in provincia di Bergamo, che è la città dove attecchiscono con vigore alcuni dei pensieri più profondi del popolo italiano, come quello del tenace Bossi, cui i motti più in voga sono “Noi ce l’abbiamo duro” e “Roma ladrona”. (Molti bergamaschi urlano con le mani alzate non appena queste parole vengono proferite dal pulpito.) Nell’età dell’adolescenza, Fabio Volo decide che nulla può più imparare dai libri e lascia la scuola dopo l’impresa della licenza Media. Nei tempi che seguirono lo sappiamo intraprendere una moltitudine di lavori diversi, alcuni dei quali formarono e levigarono il futuro scrittore di successo. Essi sono il panettiere, il batterista, il cantante. Non mancò di incidere alcuni singoli dance; genere tanto amato da filosofi, pensatori, artisti di ogni genere e di ogni tempo. Iniziò, nel 1996, la sua esperienza in radio, che gli spalancò le porte della notorietà. Due anni dopo, la svolta: la prima apparizione in tv nel noto programma culturale Le Iene. Al suo fianco, gente del calibro di Simona Ventura e Andrea Pellizzari, cui molti studiosi dedicarono infiniti trattati per svelarne l’inestricabile pensiero. 
  Nel 2000, Fabio Volo si giudica maturo per la pubblicazione del suo primo libro, che intitolò Esco a fare due passi. Quest’opera è, ovviamente, geniale. Cercherò di svelarne la complessa trama. Un DJ radiofonico si scrive una lettera che immagina di ricevere dopo cinque anni. Nella lettera annota la sua vita, le sue opinioni, i suoi incontri. Non mancano gli aforismi misteriosi. Ne trascrivo il più gagliardo, che richiama addirittura quelli biblici di Salomone: «C’è chi cerca l’altra metà della mela, io sto cercando ancora la mia mezza. Sono uno spicchio di me stesso». Quale maestosità di intrecci! Quale incredibile tecnica narrativa! È un peccato che autori come Saul Bellow non possano leggere tale capolavoro; il Nobel brucerebbe all’istante il manoscritto di Herzog, dove il protagonista è l’ebreo che manda lettere al mondo. Un enorme velo di vergogna lo avvolgerebbe. Insomma, uno scritto insuperabile. 
  Negli anni successivi il genio di Fabio Volo non conosce limiti: irrompe nelle sale cinematografiche con il film Casomai, pilastro del cinema di sempre che lo sublimò alla candidatura del David di Donatello come Miglior Attore Protagonista. (Consiglio a tutti la visione di tale pellicola, poiché in essa sono racchiusi, anche se in maniera velata, i segreti invisibili dell’uomo e i significati astrusi dell’esistenza.) Dopo soli tre anni, ecco il secondo libro: È una vita che ti aspetto. La trama del secondo non è meno efficace di quella del primo: Francesco parla della propria vita, che giudica incomprensibile. Vengono trascritte, in prima persona, le sue opinioni, i suoi incontri e i suoi amori. A prima vista pare impossibile che un autore spazi, in così poco tempo e con tale profondità, in argomenti talmente diversi fra loro (sei lunghi anni passarono, ad esempio, dalla stesura di Gente di Dublino a quella dell’Ulisse), ma Fabio Volo è pensiero vivo e la sua intelligenza può risultare inarrivabile. La ripetizione di tale anomalia ne è la prova. Nel 2006, il terzo libro: Un posto nel mondo. Nel 2007, ecco Il giorno in più. Nel 2009, Il tempo che vorrei. Nel 2011 viene pubblicato il suo ultimo capolavoro, Le prime luci del mattino. Tutti questi libri (ma sono qualcosa in più di semplici libri) indagano nel profondo dell’uomo fino a toccarlo, e leggendoli si ha la sensazione che una qualche verità atavica venga svelata. 
  Alcuni critici, nell’ignoranza, dicono che le opere di Fabio Volo sono – risum teneatis – dei libricini per povere massaie senza cervello, e che egli non possa neanche essere classificato come scrittore. Costoro non comprendono (non vogliono comprendere) la realtà segreta dei suoi scritti, che rimarranno comunque immutabili nel tempo come quelli di Platone, Aristotele, Ariosto, Donne, Borges e di tutti gli altri classici (che Fabio Volo supera nella tecnica e nei concetti). Il fatto che venga letto sulla sabbia, sotto l’ombra delle palme, o che spesso i suoi libri siano accompagnati dalla Settimana Enigmistica, oppure che i suoi fans siano persone senza alcuna esperienza significativa di lettura, ebbene, ciò non dimostra nulla, poiché questo autore è principio e specchio di un qualcosa, che è l’uomo universale e il suo destino.

3 commenti:

  1. ti amo...solo questo...

    RispondiElimina
  2. Si si si si !!! Nella mia ignoranza per quanto riguarda le tecniche e modi di scrittura...io lo considero (e non lo sopporto) uno scrittore di una paraculaggine descrittiva all'ennesima potenza. In altri contesti lavorativi (come speaker o come presentatore di alcuni vecchi programmi TV), ammetto che hai miei occhi e alle mie orecchie risultava a volte piacevole cmq meglio di tanta altra merda che vaga nelle tv italiane!

    RispondiElimina
  3. il tuo testo insegna che tutto ha un prezzo.. ti sei letto i libri di volo!!! ti porto nel cuore. non fare cazzate! ;)

    RispondiElimina