martedì 17 aprile 2012

Il mollusco brusco.





  Non ho mai potuto soffrire le mode. Vedere quei ragazzi che si depilano, con le sopracciglia rifatte, fa ribrezzo. Linda apparteneva a quella tribù. Per far colpo su una tipa del genere, o si è alla moda o niente. In o Out. Quella sera, mosso dal desiderio tribale dell’accoppiamento, decisi di provarci. Per impressionarla, ordinai l’ultimo ritrovato in fatto di cocktail. «Fammi un Ice’Lemon’Rancid’Sbrokus’On The Rock, per cortesia», chiesi al tizio dietro il bancone. «È per la tua ragazza?» chiese lui. «Non ce l’ho la ragazza». Mi guardò compassionevolmente. Per preparare quel coso impiegò tanto di quel tempo che, nell’attesa, ingurgitai due spine senza neanche troppa fretta. Mi porse il bicchiere. La quantità di ombrellini, olivette, piccole composizioni floreali e Dio sa cos’altro che adornavano la bibita era impressionante. Una vera foresta. «Che cazzo, potrei essere violentato da un orango qui dentro», dissi al barista. «È quello che hai chiesto». Mi avvicinai a Linda tenendo bene in vista il cocktail. Accennai una di quelle danze epilettiche tanto in voga. «Stai bene?» chiese Linda. Mi sedetti al suo fianco. Gli porsi il bicchiere; mancò poco che le cavassi l’occhio con un ombrellino. «Ne vuoi un po’?» chiesi. «Cos’è?»,   «Ice’Lemon’Rancid’Sbrokus’On The Rock.», dissi fiero. «Oh, devi essere un mollusco per bere quella roba», «Cosa bevi, allora?», «Offrimi un B52+10=Sbronz, quello sì che è un cocktail». Tornai al bancone; il barista sembrava mi stesse aspettando. «Fammi un B52+10=Sbronz», dissi severo. «Adesso sì, amico, pensavo fossi un mollusco.» Mi innervosii. «Vedi di non metterci mezz’ora.» Dopo ventotto minuti la brodaglia era pronta. Mise il bicchiere sul bancone; estrasse un accendino dal taschino; diede fuoco a quella roba. La fiammata per poco non ci uccise entrambi. Portai a Linda il cocktail. Il barista mi munì degli appositi guanti protettivi in amianto per il trasporto. «Grazie mollusco.» Facemmo un brindisi e bevemmo qualcosa insieme. La mia bibita sembrava gasolio; mi trattenni dal vomitare. Ormai il ghiaccio era rotto; l’imbarazzo sparito; ed io, in preda all’euforia, facevo scintille. «La smetti di giocare con quell’accendino?» Parlò a fiume per un’oretta buona; facevo finta di ascoltarla annuendo con la testa di tanto in tanto. Non capii un cazzo di quello che mi disse. Raccontò la storia di due stilisti froci; tirò fuori dalla borsetta una rivista con le foto dei loro vestiti. «Non sono il massimo mollusco?», «Sì, sono il massimo». Neanche al carnevale di Venezia metterei questa roba, pensai. Arrivò un suo amico, un tizio dall’aria altezzosa con la erre moscia. «Lui è Kalvin, un retrò inglese», disse Linda. «Kalvin, questo è il mio amico Robin.» «Piacere», dissi. «Robin, abruzzese contemporaneo.» Il tizio tirò fuori i pollici dal panciotto e ci stringemmo la mano. Poggiò la bombetta sull’attaccapanni; si sedette con noi. Cercai di evitarlo, ma fu lui che mi si lanciò addosso per primo. «Dio, dove li hai comprati quei Jeans?», «Al mercato», «Ma Linda, dove l’hai preso questo?», «Senti, vedi di non esagerare ora». Linda intervenne: «Oh, Kalvin, lascialo stare, è un bravo ragazzo», «A me pare un mollusco». Uscii fuori di testa. «Io non sono un mollusco, non esagerare ti dico», «Ah no? E cosa sei?», «Un Macho», dissi in uno slancio d’orgoglio. «Un Macho Vileda», ribatté Kalvin. Risero tutti e due. Kalvin mise su un monocolo; estrasse un orologio da taschino; lo aprì con uno scatto. Poi disse: «Non è ora che il tuo amico vada a casa?» Con questo, toccò il punto di non ritorno. Tornai al bancone; ordinai un altro B52+10=Sbronz. «Non dargli fuoco», dissi al barista. Tornai dal tizio; presi un estintore e glielo misi vicino; mi guardava senza capire. Mi riempii la bocca di liquido e lo spruzzai in faccia al tipo; presi l’accendino e gli diedi fuoco. Sembrava una cometa mentre correva fuori; un tizio disse: «L’estintore presto!», «È qui», dissi io. Poi mi rivolsi a Linda. «La prossima volta che mi chiami mollusco, fai la fine del tuo amico», «Oh, Robin». Mi guardò con due occhi inumiditi. Avevo fatto colpo. Bastava essere brusco, pensai. Andammo in un albergo e ci infilammo a letto. Ero davvero felice. L’accoppiamento, di lì a poco, sarebbe avvenuto. Dissi: «Oh, Linda, sto toccando il cielo con un dito», «Non è il cielo quello lì», «Beh, se è per questo, a dirla tutta, non è neanche il dito».

4 commenti:

  1. Da quando ho fatto la conoscenza di questo blog, leggerti è stato uno spasso... questo post è uno dei miei preferiti, fatta eccezione, naturalmente, per quelli in cui "compare" nonna Gilda!
    Una curiosità: cosa rovini, di preciso?

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    1. quando commento su blogspot no, quando commento su wordpress sì

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    2. io "non ne so mezza", ma il mio ragazzo mi ha appena spiegato l'esistenza di una strana entità chiamata plug-in che dovrebbe permettere di richiedere l'avviso quando qualcuno commenta e/o risponde allo stesso post che tu hai commentato, e questo, non solo su wordpress (l'altra piattaforma, quella "professional"), ma anche sui nostri blog fatti in casa con blogspot...

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