Incastonati sullo sfondo di una coreografia oscena o di uno
strobo epilettico, due froci inguainati in solenni e succinti abiti ballavano
su scarpe da donna un ballo spigoloso, che è quello dei sessi simili, finché
una margherita non cadde a terra e decisi di guardare altrove. Non ricordo come
finii lì, ma ne ricordo il perché. «È pieno di figa», mi aveva detto Mandingo.
«E tutti quei froci assicurano una concorrenza esigua». Mi convinse. Una doccia
schiumosa; un abito alla naftalina; un’impomatata ai capelli con una lozione fixing
al midollo di tasso; una stecca di Marlboro al mentolo; ed eccomi in quel posto
bifido e vischioso, ma straripante di ragazze annoiate e speranzose. Ero fiducioso.
Se la profezia di Mandingo si fosse avverata, nulla avrebbe potuto impedire
l’accoppiamento. Ma la scena di quei due uomini che ballavano, slanciati verso
la notte, con tacchi da venti centimetri, mi fiaccò del tutto. Circondato da
tali – e quantomeno ambigui – figuri, provai immediatamente un senso di
pericolo. Debbo ammettere che quella maledetta festa Gay mi intimoriva. Mi
sentivo a disagio; qualcosa mi trattenne. Robin, pensai, se sei qui è per un
motivo. Decisi di rimanere applicando tutte le dovute precauzioni. Mi avvicinai
al bar camminando raso raso al muro; accesi una sigaretta; l’accendino cadde;
lo lasciai lì dov’era. Inchinarsi mi avrebbe esposto pericolosamente alle
compiacenze degli uomini-donna. Ordinai un Orange’My’Ass’Is’Your’Ass’On the
Rock; poggiai un gomito sul bancone; scrutai la folla. Mandingo – una volta di
più – aveva colto nel segno: c’era figa a trecentosessanta gradi. Una in
particolare mi colpì. Origini brasiliane; alta; mani sottili ed eleganti; con
dei capelli lisci e lunghi che le coprivano il collo; un ciuffo elettrico
sulla fronte. Indossava una calzamaglia nera, aderente come una seconda pelle;
due labbra spesse ma sinuose. Buttai giù la disgustosa bibita; guardai il suo
culo dimenarsi per un po’. Ed ecco: l’erezione. Calma Big Sam, pensai dandomi
un buffetto sul pacco, non è ancora il tuo momento. Mi avvicinai di soppiatto
all’avvenente ragazza. «Hai da accendere?», chiesi. «Sì». Estrasse un
accendino; diedi fuoco alla sigaretta; un tanfo di mentolo appesantì l’aria.
«Come ti chiami?», «Carlo». È brasiliana, mi rassicurai, il fatto che confonda
le «a» con le «o» è una cosa del tutto naturale. Ballammo per un po’ insieme;
le offrii da bere. Decisi di arrivare al dunque; le palpai il culo. «Fermo»,
disse Carlo. «Cosa credi di fare?». Ritirai le mani con agilità olimpionica.
«Credevo di piacerti», mi giustificai. «Sono fidanzata», «Oh, ed è qui il tuo
uomo?», «Eccolo che arriva». Mi voltai. Quel che vidi fu una ragazza sulla venti,
con dei grossi brufoli pieni di pus e lo sguardo porcino. Era in evidente
sovrappeso. Davvero disgustosa. «Lei è il tuo uomo?», chiesi dubbioso. «Sì». Mi
avvicinai al timpano della super figa coprendomi le labbra con la mano. «Ma è
una donna», dissi sottovoce. «Lo so», rispose Carlo nervosa. «E allora?»,
«Anche tu sei una donna», conclusi. «Dipende». Si abbassò la calzamaglia e tirò
fuori un pene deforme e bitorzoluto. «GESÙ CRISTO!», urlai con le mani sui
capelli. Scappai a gambe levate. Big Sam ripose lo champagne in ghiacciaia. Maledetti
mutanti, pensai. Raggiunsi l’automobile; mi ci vollero tre galloni di GastroRum
per calmarmi. Quell’idiota di Mandingo non mi aveva preparato ad una tale –
infausta – situazione. Bevvi ancora un po’; ero arrabbiato con me stesso. Per punirmi
misi una raccolta di canti popolari svizzeri a tutto volume; piansi
sommessamente. Guardai triste i preservativi alla fragola in pelle di Gnu che
giacevano inutilizzati sul tappetino. «Sei una testa di cazzo», disse Big Sam.
Era troppo. Accesi il motore; ripartii. Vuoi per il GastroRum, vuoi per
l’agitazione, mi persi. Girai a vuoto per un po’ e non c’era verso di capire
dove fossi. Vidi un tizio poggiato ad un palo e chiesi informazioni. «Dove devi
arrivare?», domandò con una voce ferma e impostata. Glielo dissi. «Vado anch’io
da quella parte, se mi dai uno strappo ti indico la via». Nonostante la sua
voluminosa massa muscolare, mi incuteva fiducia. «Salta su», dissi. Passate le
presentazioni iniziarono i guai. «Dove sei stato?», chiese il passeggero. «Alla
festa Gay», «Oh, anch’io». I suoi occhi si animarono di una luce brillante,
innaturale. «E ti è piaciuta?», aggiunse. «Non molto». Spensi lo stereo; quei maledetti
campagnoli svizzeri mi stavano trapanando le meningi. Poi il tizio mi diede il
colpo. «Dimmi, ti piaccio?», «In che senso?», «Oh, ma che spiritoso», «Non è
come pensi», «Ah, no?», «No. Ho la ragazza». Non era vero, ma la situazione
iniziava ad appesantirsi. Big Sam rideva come un pazzo. Il tizio prese
coraggio; allungò la mano e la poggiò sul mio pacco. Frenai di colpo. «Esci
dalla mia macchina», «Sei un matusa», «Esci, ti ho detto». Mise il broncio come
un ragazzino. «No», concluse secco. Persi la pazienza. Uscii dall’auto; feci il
giro; aprii lo sportello e iniziai a strattonarlo. «Vieni fuori», urlavo io.
«No, fermati bruto, lasciami», rispondeva lui con una repellente aria da
primadonna. Non rimaneva molto da fare. Quando il mio pugno lo colpì in pieno
volto frignò come una femminuccia. Perdeva sangue. «Sei contento adesso? Guarda
che hai fatto», mi disse sputando un canino. «Mi hai costretto», «Razzista, sei
solo un razzista». Gli tirai il braccio e lo lanciai su di un campo pieno di
ortiche. Uno strano sentimento mi pervase. Mi sentivo in colpa. Dopotutto
quello che avevo picchiato era una specie di donna. Sono un verme, pensai, ho
picchiato una femmina. «Ma che cazzo dici», intervenne Big Sam. «Riprenditi».
Aveva ragione. Riaccesi il motore; partii sgommando. Ma i lamenti del tizio
continuavano a tamburellarmi la coscienza. Li sentivo nitidi, come se fosse
stato ancora lì a frignarmi davanti. Accesi la radio e pompai il volume. I
canti svizzeri avrebbero mascherato quei piagnucolii lavandomeli dalle
orecchie. Big Sam riposava quieto.
A dir poco fantastico, stai inventando un nuovo genere, del tutto originale.
RispondiEliminaMi scialo con sta roba
RispondiEliminaAllora, a parte l'evidente omofobia, odio dei "froci" e tutto il resto, non hai trovato prprio altro phatos? Insomma, scrivi bene, questo è vero, ma sei offensivo ed arrogante. A me non fai ridere affatto.
RispondiEliminaCosa c'è di offensivo Uomo Libero? L'omofobia comincia con certi tabù e tali distinzioni. E perché poi vorresti ridere? Mica a scrivere è Cecchi Paone? :)
EliminaBig Sam è troppo forte
RispondiEliminaAlcuni trans brasiliani visti a Milano,a una distanza di tre-quattro metri,potrebbero essere scambiati per modelle. Il mento volitivo,squadrato, ti riporta al concetto classico di "spalle al muro!".
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