lunedì 2 luglio 2012

Oltre i propri limiti.


  Pronunziando la parola “finocchio” il rischio è quello di suscitare un ricordo vagamente increscioso: quello di una pomposa sceneggiata,  con l’occhio che cade su uomini glabri in petto foderati in un mare di lenzuola sgualcite. Tuttavia, il finocchio esiste nelle nostre strade: uomini esperti nell’occultazione maniacale, con in tasca inviti di feste oscene. Uno di questi fu Giacculo, il quale dichiarò una volta che l’essere finocchi non è alla portata di tutti, e che bisogna essere delle vere donne, come lui. L’alba della sua metamorfosi – quando ancora godeva dei benefici indefiniti della mescolanza – fu rude. Il suo amante si batté con le sole mani, secondo un’antica usanza. Giacculo (menefreghista di natura), ostentava il suo cannone sulla destra, un dildo in lattice nell’altra. Il cannone fallì, ma il dildo, una volta strappatogli di mano dal voluminoso amante, gli fece urlare: «Ohi, ma che dolore». Poi, sotto il peso della consuetudine, andò sempre meglio. La carriera – breve ma luminosa – di Giacculo si interruppe una notte umida e tenace, quando perse il senno per il suo stesso corpo. Morì con il collo spezzato, mentre cercava di avvicinare le labbra al prepuzio. E questo è quanto.

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