lunedì 23 gennaio 2012

Preti e suore sono difficili da collocare all’interno della scala alimentare.


  Mi fermai al baretto dell’università e ordinai un panino con frittata e peperoni e una birra extra strong. Di lì a poco sarebbe iniziata la lezione di biologia. Ignaro dello shock culturale che avrei dovuto subire, ingurgitai la colazione, entrai in aula e poggiai il culo sulla solita sedia. La prof. fece la sua apparizione e accese la lavagnetta luminosa. Io aprii il megatomo platinato mentre mi sentivo rilassato e l’energia dei peperoni mi faceva diventare barzotto. Ma quella non fu una normale mattina. La prof. spiegò quali erano le differenze fra essere vivente e non, delimitandone l’esistenza con il chiaro tratto della riproduzione. Insomma, se ti riproduci sei un essere vivente, altrimenti no, sei un minerale o altro. Persino un virus, nella sua pochezza esistenziale (un filamento di RNA avvolto da un involucro proteico), rientra nella categoria degli esseri viventi. Mentre mi accarezzavo il pacco, l’orribile dubbio: e i preti? E le suore? Che sono? Loro neanche si riproducono, per volontà di potenza certo, ma comunque non fanno figli. Quindi sono minerali? Sassi? Ma sopratutto, se sì, quando si cibano e poi vanno al bagno, cosa producono? Un sasso non può creare materia organica. Quindi in che posizione della scala alimentare vanno collocati? 
  Mosso da quest’orribile dubbio, il mio pensiero andò subito a nonna Gilda, che ogni domenica andava in chiesa a sentire i sermoni di una pietra. Decisi di informarla. Presi il primo treno per Alloccopolis. Arrivato a casa parlai subito con la nonna e cercai di illuminarla sulle ultime scoperte della scienza. Nonna Gilda ascoltò le mie parole a lungo con attenzione e alla fine del discorso, con molta calma, prese il mattarello adibito alla preparazione dei ravioli dolci e mi picchiò selvaggiamente. Non contenta, mi costrinse ad accompagnarla al santuario più grande della città, che s’ergeva sul lato brullo delle colline periferiche. Provai a resistere, ma non appena nonna Gilda si accinse a prendere il matterello per la pizza (molto più robusto e pesante dell’altro) scelsi il male minore. Arrivati in loco fissai per un tempo indefinito quella specie di escrescenza tumorale cementifera che deturpava l’ottimo paesaggio circostante e, spinto a calci in culo da mia nonna, fui costretto ad entrarvi. Gildona decise di confessarsi, e io, rimasto solo in un luogo così sinistro, iniziai ad avere strane sensazioni: una specie di orticaria nevrotica miscelata a giuste dosi di paura. Ma il peggio doveva ancora venire. Apprendo da un viandante dell’esistenza di un tizio, di nome padre Nike, che si diverte a ballare rap music in infernali coreografie con i propri fedeli. Insomma, la visione del tizio che, come in una specie di grottesco flash mob, saltella sulle sue scarpette sportive accerchiato da un’orda di fanatici, mi turbò a tal punto che ci vollero tre panini con la porchetta e quattro spritz per calmarmi. 
  Riacquistato il lume della ragione, capii che avrei dovuto superare le mie paure e decisi quello che il povero Bearzot avrebbe definito un suicidio tattico: volli confessarmi. Armato di coraggio e di una birra entrai in un loculo. La prima sorpresa fu che il tipo in divisa era di colore, con il naso schiacciato e il faccione tondo. Rassegnatomi al fatto che non avrei mai capito di che minerale o materiale si trattasse, iniziai ad esporgli i miei peccati. Mentre parlavo lui annuiva con la testa in maniera compassionevole, e devo dire che quel suo atteggiamento mi rilassò. Ero a mio agio e alla fine decisi di esporgli tutti i miei dubbi. «Di che sei fatto? Da quale cava ti hanno estratto? Che tipo di minerale sei? ...e la tua storia geologica?» Mentre ponevo le domande notai però che esso continuava ad annuire imperterrito. Muoveva la testa beatificata come un pendolo. A quel punto alzai la voce e dissi: «Mi ascolti?» Non ebbi risposta. Al secondo vano tentativo, realizzai con orrore che quello non capiva l’italiano. Terrorizzato, aprii la birra e la scolai d’un fiato. Poi uscii in preda al panico, strappai nonna Gilda dalle liturgiche conversazioni di un uomo-cosa e scappai correndo via a 200km/h. Capii che al mondo tutto serviva meno che dei sassi in divisa.

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